sábado, 17 de diciembre de 2011

Salvatore Quasimodo

Un verano estuve en Modica, pero aún no sabía que allí había nacido el poeta. Sólo recuerdo el calor.
Ahora me han regalado un libro de ensayos suyos, de segunda o tercera mano, que en 1973 pertenecía a una tal Mercé. Imagino que la anterior lectora creería en la poesía social, dadas las fechas.

Io non credo alla poesia come ''consolazione'', ma come moto a operare in una certa direzione in seno alla vita, cioè ''dentro'' l'uomo. Il poeta non può consolare nessuno, non può ''abituare'' l'uomo all'idea della morte non può diminuire la sua sofferenza fisica, non può promettere un eden, né un inferno più mite...

Oggi poi, dopo due guerre nelle quali l' ''eroe'' è diventato un numero sterminato di morti, l'impegno del poeta è ancora più grave, perché deve rifare l'uomo, quest'uomo disperso sulla terra, del quale conosce i più oscuri pensieri, quest'uomo che giustifica il male come una necessità, un bisogno al quale non ci si può sottrarre...

Rifare l'uomo, è questo il problema capitale. Per quelli che credono alla poesia come ad un gioco letterario, che considerano ancora il poeta un estraneo alla vita, uno che sale di notte le scalette della sua torre per speculare il cosmo, diciamo che il tempo delle speculazioni è finito. Rifare l'uomo, questo è l'impegno.